
🤝 Mediazione obbligatoria: basta il primo incontro
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- 15 dic
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di Pierfrancesco C. Fasano
Introduzione
Con l’ordinanza n. 20170 del 18 luglio 2025, la Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema centrale nella prassi della mediazione civile e commerciale: quando il tentativo di mediazione obbligatoria può dirsi utilmente concluso ai fini della condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
La pronuncia, resa applicando la disciplina previgente alle riforme Cartabia, offre un importante chiarimento interpretativo e contribuisce a riequilibrare il rapporto tra funzione deflattiva della mediazione e diritto di accesso alla tutela giurisdizionale.
Il principio affermato dalla Suprema Corte
La Cassazione era chiamata a stabilire se l’onere della mediazione obbligatoria richieda un confronto effettivo tra le parti, volto alla ricerca di una soluzione, oppure se sia sufficiente la partecipazione al primo incontro davanti al mediatore.
I Giudici di legittimità affermano che, ai sensi degli artt. 5 e 8 del D.Lgs. 28/2010 (ratione temporis applicabili), la condizione di procedibilità deve ritenersi soddisfatta con l’avvio della procedura e con la comparizione al primo incontro, all’esito del quale, ricevute le informazioni sulla funzione e sulle modalità della mediazione, la parte può liberamente manifestare la propria indisponibilità a proseguire.
Non è quindi richiesto che le parti entrino necessariamente nel merito di una trattativa negoziale affinché la mediazione possa dirsi esperita.
Il pregio sistematico: accesso alla giustizia e proporzionalità
Il principale valore della decisione risiede nella sua coerenza sistematica e costituzionale.
La Cassazione ribadisce che la mediazione obbligatoria, in quanto forma di giurisdizione condizionata, deve essere interpretata in modo da non rendere eccessivamente complesso o dilazionato l’accesso alla tutela giurisdizionale, in linea con l’art. 24 Cost. e con l’art. 6 CEDU.
In questa prospettiva, la mediazione conserva la sua funzione deflattiva e culturale, ma non può trasformarsi in una forma di negoziazione coattiva imposta contro la volontà delle parti.
Chiarezza applicativa e certezza del diritto
La pronuncia offre inoltre un rilevante contributo in termini di certezza del diritto.
La Suprema Corte riduce il rischio di valutazioni ex post sulla “qualità” o sull’“intensità” del confronto svolto in mediazione, che in passato hanno generato orientamenti giurisprudenziali disomogenei e contenzioso ulteriore, stabilendo che il primo incontro informativo e valutativo è sufficiente ad assolvere l’onere di procedibilità.
Un ritorno al modello del “primo incontro informativo”?
Non può tuttavia ignorarsi che l’impostazione adottata dalla Cassazione finisce per riavvicinare il sistema al modello antecedente alle riforme Cartabia, fondato sul primo incontro informativo quale snodo decisivo per la procedibilità.
Ciò pone la decisione in tensione con l’attuale assetto normativo, che valorizza maggiormente l’effettività del confronto e il dovere delle parti di cooperare in buona fede e lealmente ai sensi dell’art. 8, comma 6, D.Lgs. 28/2010, come ribadito dalla più recente giurisprudenza di merito.
Mediazione e buona fede: il ruolo del giudice
La pronuncia, tuttavia, non legittima comportamenti meramente formali o elusivi. Resta fermo che condotte contrarie a buona fede possono essere valutate e sanzionate dal giudice di merito, in particolare sul piano delle spese processuali.
La mediazione, quindi, non viene svuotata della sua funzione sostanziale, ma ricondotta entro confini compatibili con il diritto di agire in giudizio.
Conclusioni
L’ordinanza n. 20170/2025 rappresenta un intervento di rilievo nel dibattito sulla mediazione obbligatoria. Il suo pregio principale consiste nell’aver riaffermato un principio di equilibrio: la mediazione è uno strumento fondamentale di gestione del conflitto, ma non può trasformarsi in un ostacolo all’accesso alla giustizia.
Spetterà ora agli operatori del diritto – avvocati, mediatori e giudici – il compito di valorizzare la mediazione come spazio autentico di confronto, senza ridurla a un mero adempimento formale, ma neppure caricandola di oneri non previsti dalla legge.




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